Difesa della fede

Archeologia: 15 scoperte, parte 2

Le 15 scoperte più importanti dell’archeologia biblica:
Seconda parte (scoperte 6-10)

Il dottor Walter C. Kaiser Jr. è titolare di Antico Testamento presso il Seminario Teologico Gordon-Conwell. Egli è riconosciuto a livello internazionale come studioso di Antico Testamento. Ha pubblicato più di 30 libri. NB: Le immagini non rappresentano le scoperte nel testo ma servono solo come esempio di oggetti simili.

6. L’EPOPEA DI GILGAMESH:

La tavoletta numero 11 della storia contenuta in 12 tavolette e conosciuta come l’epopea di Gilgamesh, è un altro racconto del diluvio, intitolato con il nome del personaggio principale, il re Gilgamesh, il quale si presume abbia regnato sulla città babilonese di Uruk nel 2600 a.C. circa. Quest’epopea, scritta con lettere semitiche a forma di cuneo, conosciute come accadico cuneiforme, ha tante impressionanti similitudini con la storia biblica di Noè di Genesi 6-9, come pure altrettante differenze sostanziali. Sebbene fosse stato Austen Henry Layard a scoprire letteralmente decine di migliaia di tavolette a Ninive, che spedì in Inghilterra fino al 1851, fu George Smith, un assistente del dipartimento assiro del «British Museum», che scoprì nel 1872 la tavoletta numero 11 che parlava di un diluvio.

Siccome la tavoletta era rotta, Smith tornò a Ninive ed entro cinque giorni, il 14 maggio 1873, trovò un’altra ta-voletta con le parti mancanti.
Arca di Noè
Il racconto del diluvio biblico e l’epopea di Gilgamesh sembrano rappresentare eventi simili, ma l’epopea di Gilgamesh ha numerose aggiunte mitiche e usa un tono completamente diverso dal racconto biblico.

Nell’epopea accadica, Gilgamesh viene a conoscenza del diluvio grazie a un uomo di nome Utnapishtim. Egli sopravvisse al diluvio perché un dio creatore di nome Ea lo aveva avvertito che sarebbe venuto un diluvio e gli aveva detto di costruire una nave (come anche il Noè della Bibbia, Genesi 6,2.13-17). La tempesta, che spazzò via il resto dell’umanità, si concluse il settimo giorno e tutti scesero dalla nave il dodicesimo giorno (a differenza di Genesi 7,24). Dopo che l’imbarcazione di Utnapishtim si fermò sul monte Nisirin Kurdistan (anziché sul Monte Ararat in Turchia), Utnapishtim mandò una colomba, un passero e, infine, un corvo imperiale (vedi Genesi 8,3-11). Quando il corvo imperiale non tornò, tutti abbandonarono la nave babilonese e offrirono un sacrificio agli dèi (vedi Genesi 8,12-22). I due racconti sembrano rappresentare eventi simili, ma l’epopea di Gilgamesh ha numerose aggiunte mitiche e usa un tono completamente diverso dal racconto biblico.

7. LA PISCINA DI GABAON:

Il sito della piscina di Gabaon, menzionato in 2 Samuele 2,13 e Geremia 41,12, fu identificato per la prima volta nel 1833 da parte di Edward Robinson nel villaggio palestinese di el-Jib. Nel 1956-1960 James B. Pritchard condusse qui i suoi scavi e confermò questa scoperta con 31 maniglie di giare, su cui è scritta la parola ebraica equivalente a «Gabaon». Sembra che Gabaon fosse un produttore ed esportatore di vini, cosa che richiedeva provviste speciali di acqua, perché i mesi estivi non producevano pioggia. Pritchard trovò due sistemi idrici separati: (1) una piscina o cisterna che misura 11,3 metri in diametro, e (2) una galleria che scende giù dall’interno delle mura della città fino a raggiungere una cisterna appena fuori della città, alla base della collina.

La piscina di Gabaon fu scavata nella roccia calcare a una profondità di 25 metri, per così raggiungere il livello della falda idrica, con annessi una scala e un corrimano tagliati nel calcare che percorrono a chiocciola 11,3 metri in profondità, fino a raggiungere un livello pianeggiante a circa la metà della profondità complessiva.

Da questo punto in poi, la scala scende giù in linea retta altri 14 metri fino al livello dell’acqua. Fu nei pressi di questa piscina che 12 degli uomini del re Davide, sotto il comando di Joab, affrontarono 12 degli uomini del re Saul, sotto il comando di Abner, in un incontro di lotta libera, in cui tutti e 24 morirono, reciprocamente afferrandosi per i capelli e trapassandosi con la spada.

8. IL SIGILLO DI BARUK:

Il sigillo di Baruk fu uno delle 250 bolli con iscrizione, o piccoli sigilli di terracotta, che sono stati rinvenuti nel 1975 per mezzo di un commerciante arabo di antichità di Gerusalemme est.

Difesa

Sebbene derivino senz’altro da uno scavo illecito in Gerusalemme, sono importanti perché furono originalmente concepiti per sigillare documenti o contenitori per prevenirne la manomissione. Una piccola quantità di argilla morbida, attaccata a uno spago, veniva bollata con un sigillo e lasciata poi indurire. La maggior parte dei documenti e contenitori, ai quali furono attaccati tanti di questi sigilli, fu distrutta in un incendio, ma i bolli sopravvissero e furono preservati ancora meglio grazie al fuoco. Fra gli altri c’era un sigillo che riportava il nome, «Berekhajahu [Baruk] figlio di Nerijahu [Neriah] lo scriba» (Geremia 36,4.8.14; 45,1). Il suffisso su tutti e due i nomi, -jahu, è una forma troncata di Jahweh [N.d.R.: Jahwè è riportato nelle nostre Bibbie come «l’Eterno» o «il SIGNORE»]. Questo Baruk non fu altro che il fiduciario e scriba personale del profeta Geremia dell’Antico Testamento, il quale scrisse sotto dettatura del profeta e si nascose insieme a Geremia mentre il re Joachim cercò di arrestarli tutti e due (Geremia 36,26).

Un altro bollo in questo stesso gruppo contiene il nome di Ismaele, il quale assassinò Ghedalia (Geremia 40,7), il governatore che fu insediato dai Babilonesi dopo la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C.

Altri 51 bolli furono trovati sul pavimento della Casa dei Bolli. Fra i nomi registrati c’era un bollo di «Gemarjahu [Ghemaria] il figlio di Šafan», uno scriba che servì alla corte di re Jehojakim e che avvisò il re di non bruciare il rotolo che Geremia aveva scritto (Geremia 36,10-12.25-26). Sono stati ritrovati quasi 400 di questi bolli e appartengono al periodo dall’ottavo al sesto secolo a.C.

9. RE SARGON II DI ASSIRIA:

Una delle persone nominate nelle Scritture, ma la cui esistenza fu messa in dubbio fino a quando la moderna archeologia biblica non l’ebbe «scoperto», fu il re Sargon II di Assiria. Isaia era sicuro che fosse il re di Assiria (Is 20,1), ma non era fra quelli trovati negli scavi della capitale assira, Ninive. Tuttavia, nel 1843, Paul Emile Botta scoprì che Sargon si era trasferito a Dur-Sharrukin (il moderno Khorsabad), un sito vergine a circa 19 chilometri a nordest di Ninive, dove cominciò la sua costruzione nel 717 a.C. Questa costruzione, avente una lunghezza di 1,6 chilometri per ogni lato, non fu mai completata o occupata prima della morte di Sargon, e fu abbandonato dai suoi successori. Un’enorme statua di 25 tonnellate di un dio (in parte uomo e in parte toro) era una delle tante che vigilavano all’ingresso della stanza del trono in Khorsabad.

10. L’OBELISCO NERO DI SALMANESER III:

Obelisco
Esempio di un obelisco.

L’obelisco nero di Salmaneser III, di ben 2 metri d’altezza, che fu trovato nel palazzo di nordovest in Nimrud, commemorava le campagne di Salmaneser durante il suo regno. Sul secondo pannello dall’alto si vede Jehu, il re d’Israele (2 Re 10,34), inginocchiato davanti a Salmaneser (un evento noto da altra fonte e che ha avuto luogo nell’anno 841 a.C.). Questo monumento è di enorme valore storico, perché è l’unico elemento di prova extra-biblica in cui viene raffigurato un personaggio storico delle Scritture. L’iscrizione sotto l’immagine recita: «il tributo di Jehu (Ja-w-a), figlio di Omri (Hu-um-ri); io ricevetti da lui argento, oro, una ciotola saplu dorata, un vaso dorato con il fondo appuntito, dei bicchieri dorati, dei secchi dorati, stagno, uno scettro da re, [e] un puruhtu di legno».


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Quest’articolo è stato ripreso con permesso da: Walter C. Kaiser, «Top fifteen finds from biblical archaeology», Contact (Seminario Teologico Gordon-Conwell, edizione invernale 2006). Traduzione di Michele Carlson, revisione e adattamento di Nicola Martella e Emanuele Tosi. Copyright per l’Italia (c) Missioneperte e (c) Punto°A°Croce 2006. Proprietà letteraria riservata dell’originale e della traduzione.