Quest’articolo di Robert D. Foster è stato estratto e adattato da “Take two on Sunday Morning” (Dose doppia al mattino della Domenica). Appare qui per gentile concessione dell’Apice e della sua mailing list “Manna del Lunedì”.

Diversi anni fa mi sono svegliato alle due del mattino con un profondo sentimento di solitudine. Era un’esperienza nuova per me. Marion, mia moglie, di 53 anni, stava per morire in ospedale, vittima di complicazioni dell’Alzheimer. Uno scrittore dell’antichità ha descritto così il mio “inferno di dolore”.

“Sono simile al pellicano del deserto, sono come un gufo dei luoghi desolati. Veglio e sono come il passero solitario sul tetto” (Salmi 102:6-7).

Solitudine

Mi sentivo isolato, distante dagli amici, consumato dal vuoto e dalla perdita. Come già è stato detto non senza motivo, la parola “solitudine” (in inglese loneliness) è stata considerata la più triste parola della lingua inglese. Il suo suono evoca tristezza.

Tenendo in mano una tazza di caffè, mi sono seduto nell’oscurità dell’ufficio, dove in molte occasioni ho goduto il piacere della solitudine con Dio nella quiete del mattino. In quell’occasione però tutto sembrava differente. Io mi sentivo profondamente solo, lontano da tutto e da tutti.

Esiste una differenza importante fra solitudine e quiete: la solitudine è un sentimento involontario, non desiderato. L’essere solo, la quiete, è qualcosa di volontario, una scelta deliberata. La solitudine è sempre negativa; stare soli è positivo e benefico. La solitudine provoca sentimenti di depressione, la quiete in genere promuove l’ispirazione. Il Salmo 102 mette l’accento su questa differenza.

  • Per esempio, che cosa fa un pellicano malinconico nel deserto? Il suo luogo è prossimo all’oceano, dove può godere le fresche ondate dell’acqua.
  • Che cosa farebbe la desolata civetta nel deserto? Quest’uccello notturno ama gli alberi e la foresta o stare appollaiata in cima ad un palo del telefono valutando la sua preda.
  • E un passero solitario sul tetto di una casa? Questo agile uccello vive in comunità. Dove ci sono persone e edifici, lì noi incontriamo queste socievoli creature. Perché su un tetto? Ha perso il suo compagno? È malato? O è stato espulso dal gruppo?

Tutti questi uccelli sono descritti fuori dal loro habitat, dal loro ambiente familiare. Sarebbe comprensibile che ognuno di loro provasse sentimenti insopportabili d’isolamento e solitudine.

Anche noi vediamo esempi umani nella Bibbia di individui che erano soli pur non essendo soli: Giacobbe mentre lotta con Dio; Giuseppe nel pozzo e nella prigione; Mosè nel deserto; Elia sul Monte Carmelo; Giobbe seduto sulle ceneri; Giona nel ventre del pesce; Geremia nel fondo della cisterna; Gesù sul Calvario. La più profonda dichiarazione di solitudine fu proferita da Gesù Cristo quando Lui chiese a suo Padre: “Perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46).

Nel Salmo 73, Azaf, compositore e leader del coro nel regno di Davide, descrisse la sua lotta mentale quando la vita gli sembrava troppo ingiusta. Egli scrisse sulla sua delusione e la sua crisi di fede. Questo Salmo mi ha dato conforto durante l’afflizione per la solitudine di anni fa. Lui mi offre queste promesse:

  • La Presenza di Dio.
    “Ma pure, io resto sempre con te; tu m’hai preso per la mano destra” (Salmo 73:23).
  • La Protezione di Dio.
    “Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella gloria” (Salmo 73:24).
  • La Persona di Dio.
    “Chi ho in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te” (Salmo 73:25).

Forse stai provando una profonda solitudine in questo momento, sul lavoro oppure a casa. È possibile che ti senta turbato o abbandonato, senza un vero amico sul quale appoggiarti. Ricordati la promessa di Dio fatta a tutti i suoi figli: “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò” (Ebrei 13:5).