Discepolato nella chiesa

Perché praticare la disciplina nella chiesa?

Quest’articolo è tratto dal libro Nove Segni Caratteristici di una Chiesa Sana di Mark Dever. Appare qui per gentile concessione della casa editrice Alfa & Omega.

Libro di Dever

Dobbiamo praticare la disciplina nella chiesa perché, con umiltà e con amore, vogliamo vedere un esito positivo. Noi escludiamo una persona dalla chiesa perché siamo preoccupati dal fatto che viva in un modo che è sgradito a Dio. Non la discipliniamo per vendetta, ma umilmente e per amore nei suoi confronti e verso Dio.

Ci sono diversi motivi per cui vogliamo praticare la disciplina ecclesiastica. Consideriamone cinque:

1. Per il bene di chi la riceve

La persona di cui si parla in I Corinzi 5:1-5 era perduta nel suo peccato. Ella credeva che Dio approvasse la sua relazione con la moglie di suo padre. I membri delle chiese della Galazia pensarono di potere legittimamente confidare nelle proprie opere e non esclusivamente in Cristo (cfr. Gal 6:1). Alessandro ed Imeneo (I Timoteo 1:20) ritenevano che le loro bestemmie non fossero tali. Dio però non ha niente di buono da dire al loro riguardo. È per amore di persone come quelle che vogliamo praticare la disciplina nelle chiese.

Esausto
È per amore di persone come quelle che vogliamo praticare la disciplina nelle chiese.

Non vogliamo che la nostra chiesa incoraggi degli ipocriti incalliti e insensibili nel loro peccato. Non vogliamo vivere come loro, né individualmente né come chiesa.

2. Per il bene di altri cristiani: affinché vedano il pericolo del peccato

Paolo disse a Timoteo che un conduttore della chiesa che pecca deve essere rimproverato pubblicamente (I Timoteo 5:20). Ciò non significa che ogni volta che io, come pastore, commetto un errore, i membri della chiesa debbano alzarsi di fronte a tutti e dire: «Mark ha sbagliato!». Piuttosto significa che se c’è un grave peccato (specialmente se non è seguito del ravvedimento), dev’essere fatto conoscere pubblicamente per avvertire gli altri della serietà del peccato stesso.

3. Per la salute di tutta la chiesa

Paolo fa appello ai credenti di Corinto, dicendo che non avrebbero dovuto vantarsi del fatto di aver tollerato il peccato nella chiesa (I Corinzi 5:6-8). Fa una domanda retorica: «Non sapete che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta?». Il lievito rappresenta la natura impura e moltiplicatrice del peccato. Paolo li esorta quindi:

Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa [la cena pasquale], non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità.

Per la cena pasquale, si mangiava un agnello macellato di fresco e del pane azzimo. Paolo dice ai Corinzi che l’agnello (Cristo) era stato ucciso e che loro stessi (la loro chiesa) doveva essere il pane azzimo, privo del lievito del peccato. Come chiesa, dovevano essere un sacrificio accetto a Dio.

Paolo fa appello ai credenti di Corinto, dicendo che non avrebbero dovuto vantarsi del fatto di aver tollerato il peccato nella chiesa (I Corinzi 5:6-8).

Ovviamente, ciò non farà della disciplina il punto focale della chiesa. Non lo è, proprio come la medicina non è il punto focale della vita. Possono esserci dei momenti in cui la esercitiamo particolarmente, ma in linea di massima dev’essere soltanto un mezzo che ci permette di continuare il nostro compito principale, che certamente non è la disciplina stessa.

4. Per la testimonianza complessiva della chiesa

(Vedi Matteo 5:16; Giovanni 13:34-35; I Corinzi 5:1; I Pietro 2:12). La disciplina della chiesa è uno strumento evangelistico potente. Gli altri notano che la nostra vita è diversa, soprattutto se c’è una comunità intera di persone che vivono diversamente, non in modo perfetto, ma con un sincero desiderio di amare Dio e gli altri.

Quando le chiese si conformano al mondo, l’evangelizzazione è più ardua. Come disse Nigel Lee del ramo inglese dell’InterVarsity, diventiamo così simili ai non-credenti che essi non hanno più niente da chiederci. Dio ci aiuti a vivere in modo da suscitare negli altri una curiosità costruttiva.

Per finire, vediamo il motivo principale per praticare la disciplina nella chiesa:

5. Per la gloria di Dio, quando riflettiamo la sua santità

(Vedi Efesini 5:25-27; Ebrei 12:10-14; I Pietro 1:15-16; 2:9-12; I Giovanni 3:2-3). È per questo che viviamo! In quanto esseri umani, siamo stati creati per riflettere l’immagine di Dio e il suo carattere all’intero creato (Genesi 1:27). Non dobbiamo quindi sorprenderci se, in tutto l’Antico Testamento, Dio, creando un popolo che porti la sua immagine, lo ha esortato a perseguire la santità per poter riflettere meglio il suo carattere (vedi Levitico 11:44a; 19:2). Fu questo principio a rappresentare la base della correzione e dell’esclusione ai tempi dell’Antico Testamento, quando Dio formò il suo popolo, e del Nuovo Testamento, quando formò la sua chiesa (vedi II Corinzi 6:14-7:1). La santità dei cristiani dev’essere manifesta, non per la nostra reputazione, ma per quella di Dio.

Crescita

Dobbiamo essere la luce del mondo, per far sì che, quando gli altri vedono le nostre buone opere, glorifichino Dio (Matteo 5:16). Pietro disse la stessa cosa: «Abbiate una buona condotta fra gli stranieri, affinché laddove sparlano di voi, chiamandovi malfattori, osservino le vostre opere buone e diano gloria a Dio nel giorno in cui li visiterà» (I Pietro 2:12). È per questo che Dio ci ha chiamato, salvato e separato (Colossesi 1:21-22).

A chi altri dovremmo assomigliare, se portiamo il suo nome? Paolo scrisse alla chiesa di Corinto:

Non sapete che gl’ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio (1 Corinzi 6:9-11).

Fin dall’inizio, Gesù esortò i suoi discepoli ad insegnare agli altri l’ubbidienza ai suoi comandamenti (Matteo 28:19-20). Dio vuole un popolo santo che rifletta la sua natura. L’immagine che il libro dell’Apocalisse ci dà della chiesa è quella di una bellissima sposa che riflette il carattere di Cristo, mentre rimangono «fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna» (Apocalisse 22:15).

Prendendo come modello il quinto capitolo della prima lettera ai Corinzi, le chiese hanno riconosciuto l’importanza della disciplina come uno degli elementi che definiscono il significato dell’aderenza alla chiesa. Si presume che i membri di una chiesa siano individui che possono partecipare alla cena del Signore senza screditare la chiesa, condannare se stessi, o disonorare Dio e il suo Vangelo (vedi I Corinzi 11).

La nostra vita è una vetrina che lascia trasparire il carattere di Dio. Non possiamo determinare le opinioni che gli altri hanno di noi.

Tuttavia, per quanto ci è possibile, dobbiamo vivere in modo da riflettere un’immagine positiva del Vangelo. Siamo attivamente responsabili di vivere una vita che dia lode e gloria a Dio, e non gli arrechi disonore e vergogna.

La disciplina biblica della chiesa è un semplice atto di ubbidienza a Cristo e una semplice ammissione del nostro bisogno di aiuto. Non possiamo vivere la vita cristiana da soli. Il nostro fine nella disciplina della chiesa è positivo per chi la riceve, per gli altri credenti che comprendono il pericolo concreto del peccato, per la salute della chiesa e per la sua testimonianza collettiva. In particolar modo, la nostra santità deve riflettere la santità di Dio.